Fidenza: l’archeologia tra ricerca e memoria, un viaggio negli scavi di Palazzo Bellotti e Piazza Duomo.
“L’archeologia non è Indiana Jones, non è Lara Croft, ma dovrebbe essere una scienza esatta. Quindi tutto quello che troviamo va riposizionato, quotato, datato, disegnato, fotografato: ecco perché, per questioni di praticità, all’interno di un cantiere dividiamo spesso l’area in settori. In questo caso, negli scavi dell’area di Palazzo Bellotti e Piazza Duomo a Fidenza, vedete che la parte bassa, quella delle fondazioni, era suddivisa in quattro settori di scavo. Come avevano suddiviso questi settori?”.
Con una serie di domande aperte e risposte conseguenti – in un preciso focus su Palazzo Bellotti e sugli scavi archeologici in Piazza Duomo a Fidenza – l’archeologa Cristina Anghinetti, introdotta dalla vicesindaca e assessora alla Cultura Maria Pia Bariggi, ha accompagnato i numerosi partecipanti in un viaggio di scoperta che ha condotto, di stratigrafia in stratigrafia, fino alle quattro grandi e profonde calcari circolari della Cattedrale.
“Nell’ambito della Festa della Storia, un’occasione per capire l’origine di Borgo San Donnino così come si può dedurre dagli scavi archeologici di Piazza Duomo”, ha detto Bariggi.
L’incontro si è svolto in memoria della dottoressa Manuela Catarsi, ex funzionaria della Soprintendenza, archeologa a cui il territorio deve tantissimo, come ha evidenziato Anghinetti: “Quello che fanno gli archeologi è andare a cercare il nostro passato per recuperare i dati: per farlo ci vuole cura e tempo, come ci ha insegnato Manuela”.
Una storia lunghissima, a partire dai quattro incendi a cui fu soggetta Fidenza, da cui sono emersi tanti reperti – dettagli che discendono sempre più verso il centro del suolo: frammenti di colonnine in arenaria (non dell’Antelami, ma della parva ecclesia, poi abbattuta per la nuova cattedrale) sulla sponda dello Stirone, una forgia, livelli di carbone; le calcare per fare calce e malta; e una moneta datata 1026–1036, che documentano le diverse fasi di cantiere della Cattedrale.
“Sono emerse anche tombe, alcune anomale, con defunti a faccia in giù. In una zona che scendeva di livello, tracce di legno e semi-carbonizzato, come quelli trovati nelle capanne di via Bacchini – un unicum in Italia – e poi le calcare appunto e le forge che sigillavano le sepolture. Sepolture in cassa lignea, di cui una in casetta funebre sorretta da sei pali attorno”, ha spiegato Anghinetti.
Un ciottolo inclinato racconta di tombe di bambini, con cassette lignee di contenimento, segno di una forma di protezione delle sepolture, un po’ come le nostre casse da morto di oggi.
Uno scavo a Fidenza che cambia e al tempo stesso conferma la storia generale della città: “…fino a trovare pentole, testi, catini-coperchi come fornetti portatili. E poi ancora morti stretti in sudario in spazio vuoto. Ossa strette. Mentre gli altri scheletri avevano ossa larghe perché disallineate e ricomposte dall’acqua delle inondazioni”, ha evidenziato ancora Anghinetti.
“Quindi Palazzo Bellotti si è andato a inserire in uno spazio già vuoto, perché c’era quel che rimaneva del torrente Stirone che non passava più di lì. E sotto di sé custodiva secoli, uno straordinario tesoro di memoria stratigrafica di Fidenza.”
Francesca Maffini - Staff Castelli del Ducato
per la Storia del Territorio
Testo autorizzato dalla dottoressa Cristina Anghinetti